Per i danni risentiti dal paziente a causa dell’inesatta esecuzione del triage è ritenuto responsabile l’infermiere addetto al servizio, che deve attenersi alle linee guida nonché alle regole della comune diligenza essendo responsabile in caso di inesatta esecuzione della procedura di pronto soccorso. In caso di decesso del paziente conseguente all’errata esecuzione della procedura, per omissione di esame diagnostico, l’infermiere risponde di omicidio colposo. Così si è pronunciata la Cassazione con sentenza n. 18100/2017.
Poiché la procedura di triage è di competenza esclusivamente infermieristica, solo l’infermiere è chiamato a rispondere dell’eventuale danno cagionato al paziente, non anche il medico, sul quale invece incombe l’obbligo di sottoporre il paziente ad accertamenti clinici e decidere le cure da prestare, anche individuando eventuali prestazioni specialistiche necessarie. (Cass. n. 39838/2016)
Parimenti risponde per omicidio colposo il sanitario del 118 che, contattato telefonicamente dai familiari del paziente, non abbia proceduto all’adeguato triage telefonico per verificare la gravità e valutare l’urgenza dell’intervento. (Cass. n. 40036/2016). Va infatti sottolineato che il triage consiste in un’attività degli infermieri mirata a selezionare e classificare gli utenti che si rivolgono al Pronto Soccorso in base all’urgenza data dalle loro condizioni: è una prima indagine sommaria per valutare la gravità del caso a cui si associa un codice che corrisponde alla gravità rappresentato da colori o numeri. Si tratta dunque di un’attività fondamentale nella cura del paziente, affidata ad infermieri specializzati.