I familiari del soggetto che abbia subito lesioni gravemente invalidanti, a causa di fatto illecito altrui hanno diritto al risarcimento iure proprio del danno non patrimoniale, quale conseguenza immediata e diretta dell’illecito.
Occorre precisare, nel silenzio del legislatore, cosa debba intendersi per macrolesioni:
- l’ISVAP ha definito lesioni gravi le menomazioni che comportino un danno biologico con postumi permanenti superiori al 50%. Questo riferimento però non deve essere considerato in maniera rigida ma occorre effettuare una verifica per ogni singolo caso, perché anche una lesione con postumi valutati in misura inferiore può essere grave: si pensi alla menomazione dell’apparato genitale che viene valutata intorno al 20-30% ma cha ha notevoli risvolti negativi per la vita di coppia e relazionale.
- la Corte di Cassazione ha fissato lo spartiacque nella capacità dell’illecito che ha causato le gravi menomazioni a “ configurare sofferenza di particolare gravità’” andando a compromettere lo “ svolgimento delle relazioni affettive” (Cass. n. 14040/2013).
Quindi il giudice dovrà valutare caso per caso, alla luce delle prove fornite dalla parte lesa che agisce per il risarcimento, su cui incombe l’onere della prova e che dovrà dimostrare come e perché la grave menomazione del congiunto abbia provocato il danno.
Si è approdati oggi al riconoscimento del diritto dei congiunti al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalle macrolesioni subite dal familiare, dopo una lunga elaborazione giurisprudenziale:
- INIZIALMENTE il diritto al risarcimento del familiare del macroleso si riteneva non sussistere perché, partendo dal principio di cui all’art. 1223 c.c., in base al quale il risarcimento dei danni spetta solo se essi siano conseguenza immediata e diretta di un fatto, la giurisprudenza riteneva che l’unica conseguenza immediata e diretta fosse quella subita dalla vittima primaria e quindi dal macroleso.
- SUCCESSIVAMENTE si è fatto strada un diverso orientamento, che ha portato oggi a riconoscere il danno non patrimoniale ai familiari del macroleso, in base al quale se la vittima risente postumi invalidanti così gravi da perdere le capacità più fondamentali dell’individuo, in tal caso è risarcibile il danno dei prossimi congiunti che va assimilato al caso morte, e provoca un grave pregiudizio morale sui parenti in modo diretto ed immediato. (Cass. n. 9113/1983) . Si trattava all’epoca di un orientamento isolato a cui ha fatto eco la sentenza de Tribunale di Milano n. 4768/1990 in cui è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ai congiunto in quanto le macrolesioni del familiare avevano creato gravi conseguenze psicofisiche per lo sconvolgimento del “menage familiare”.Dopo tali sentenza è partita una serie di pronunce a favore del riconoscimento del danno non patrimoniale in capo ai prossimi congiunti del macroleso. Si era pertanto creato un contrasto in seno alla Suprema Corte, risolto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9556/2002 con cui gli Ermellini hanno affermato il principio in base al quale “ ai prossimi congiunti di persona che abbi subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell’art. 1223 cc., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile” .