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URANIO IMPOVERITO – LE “VITTIME DEL DOVERE”

uranio-impoverito

In costante aumento i casi di militari italiani impiegati nelle missioni all’estero (Bosnia-Erzegovina, Somalia, Afghanistan) e civili al seguito delle forze armate che, a partire dal 2001, si sono gravemente ammalati o sono deceduti dopo aver contratto tumori provocati dall’esposizione all’uranio impoverito (depleted uranium).

Questo minerale, che deriva da materiale di scarto delle centrali nucleari, viene usato per fabbricare proiettili con notevole capacità di perforazione; prodotto ed impiegato in maniera massiccia, senza minimamente tener conto della pericolosità dovuta alla radioattività emanata ed all’elevata tossicità delle polveri che rilasciata nell’ambiente, altamente nocive per chi le inala.

Sono ormai centinaia i morti, un vero e proprio “bollettino di guerra” a guerra finita! Lo scorso 8 Febbraio 2017 l’ultima vittima dell’esposizione all’uranio impoverito, un ufficiale di Alghero della Brigata Sassari.

Fin dal 2001, quando è esploso il caso “Sindrome dei Balcani”, è iniziata una vera e propria lotta da parte delle vittime e dei propri familiari per il riconoscimento della correlazione tra le malattie (ed i conseguenti decessi) e l’esposizione all’uranio impoverito, con varie sentenze di condanna a carico del Ministrero della Difesa .

Nel maggio dello scorso anno l’ex governatore della Sardegna, Mauro Pili, ha presentato alla Camera un disegno di legge per l’indennizzo automatico delle vittime militari e civili. Nel ddl si chiede l’istituzione di un organismo che risarcisca direttamente coloro che sono stati esposti all’uranio impoverito perché hanno operato in scenari di guerra, zone di addestramento o adiacenti ai poligoni.

I punti salienti della proposta sono: risarcimento immediato per chi ha operato in scenari di guerra o zone di addestramento ed è stato colpito da malattie gravi e letali causate dall’esposizione a uranio impoverito. Il riferimento è non solo al personale militare, ma anche a quello civile, nonché ai soggetti operanti nella cooperazione a vario titolo.

Di recente è intervenuta sull’argomento la Corte di Cassazione: con la sentenza n. 23300/2016 le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno disposto che il militare colpito da patologia fatale causata dal contatto con l’uranio impoverito (sostanza notoriamente cancerogena), fa parte della categoria delle vittime del dovere“. 

Il fatto: protagonista un militare ventisettenne che, in seguito a missioni in Somalia e Bosnia nell’anno 2000, è deceduto a causa di un tumore. I giudici di secondo grado riconoscevano la richiesta di risarcimento addotta dagli eredi del giovane militare ai sensi della legge 266/2005

Il ministero della Difesa contestava tale decisione e proponeva ricorso per cassazione. sostenendo che nella fattispecie sarebbe da escludere il diritto soggettivo al risarcimento.

La Corte precisa, invece, che nel caso in specie i benefici accordati in favore alle vittime del terrorismo e della criminalità si estendono alle cd. “vittime del dovere”; detta estensione è dovuta alla disciplina dell’articolo 1 nei commi 562-565 della legge 266/2005. Inoltre, viene sottolineato che si considerano “vittime del dovere” i soggetti indicati nell’ articolo 3 della legge 466/1980 come disposto dal comma 563 della legge sopracitata del 2005. In particolare si fa riferimento ai dipendenti pubblici deceduti o invalidi in maniera permanente a seguito di attività di servizio o nell’esercizio di funzioni di istituto conseguenti a lesioni derivanti da eventi verificatisi : “a) nel contrasto a ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza a infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità”.

Oltre ai soggetti di cui al comma 563, sono soggetti beneficiari anche coloro che a seguito di missioni nazionali o internazionali, muoiano o siano colpiti da infermità permanente e ciò sia causato dalle condizioni ambientali e operative peculiari del servizio. Quindi, il comma 564 equipara tali soggetti a quelli di cui il comma precedente ampliando la categoria dei beneficiari.

Il giovane militare durante le missioni alle quali aveva preso parte era venuto a contatto più volte con uranio impoverito ritenuto la causa dell’insorgere della patologia e della relativa morte. Orbene, il ricorso del ministero della Difesa viene respinto proprio in ragione del nesso di causalità tra la sostanza ritenuta cancerogena e la patologia che ha causato la morte del militare.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. R.P. e M.E., genitori ed eredi del militare in ferma prolungata R.M. deceduto per una rarissima forma tumorale, il rabdomiosarcoma, nell'(OMISSIS), all’età di ventisette anni, dopo essere stato più volte impiegato in operazioni in zone di guerra (in particolare in (OMISSIS) e (OMISSIS)), convennero in giudizio il Ministero della difesa chiedendo il riconoscimento dei benefici previsti dalla L. n. 266 del 2005.

2. Il Tribunale di Mantova, giudice del lavoro, accolse il ricorso.

3. Il Ministero della difesa propose appello.

4. La Corte d’appello di Brescia lo respinse e condannò il ricorrente al pagamento delle spese.

5. Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.

6. Gli intimati si sono difesi con controricorso e memoria per l’udienza.

7. Con il primo motivo il Ministero denunzia violazione del D.P.R. n. 90 del 2010, art. 1079, nonché della L. n. 206 del 2004, art. 5, commi 1 e 5, e il D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 3 e 63, nonché art. 7 c.p.a., comma 5, e art. 133 c.p.a., lett. c).

8. Si sostiene che non sono sarebbero state esaminate le deduzioni attinenti alla discrezionalità dell’amministrazione nei casi previsti dal D.P.R. n. 90 del 2010, artt. 10781084, con riferimento alle valutazioni del comitato di verifica per le cause di servizio, il che escluderebbe la sussistenza di un diritto soggettivo. Con la conseguenza che, essendo deceduto un militare in carriera, la controversia spetta al giudice amministrativo in virtù della riserva di giurisdizione D.Lgs. n. 165 del 2001, ex artt. 3 e 63, per le controversie in materia di rapporto d’impiego dei militari, che rientrano nel personale non contrattualizzato.

9. La tesi non può essere condivisa, in quanto l’analisi della disciplina dimostra che si è in presenza di un diritto soggettivo e si verte in materia di assistenza.

10. La normativa di riferimento è dettata dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 562 – 565, che hanno esteso i benefici previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte quelle che vengono definite “vittime del dovere”.

11. La definizione di questa categoria di persone si rinviene nel comma 563, che così si esprime: “per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla L. 13 agosto 1980, n. 466, art. 3, è in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità”.

12. Il successivo comma 564 amplia ulteriormente l’area, disponendo: “sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegue il decesso in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

13. Il comma successivo affida ad un regolamento da emanare entro novanta giorni il compito di disciplinare “i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze” ai soggetti prima indicati o ai familiari superstiti. Il regolamento è stato emanato con D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, che non si è limitato a disciplinare termini e modalità, ma ha compiuto una serie di precisazioni in ordine alla definizione di “benefici e provvidenze” e di “missioni”.

14. Alla luce di questa normativa, deve affermarsi che quello configurato dal legislatore è un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, in quanto, in presenza dei requisiti richiesti, i soggetti prima indicati, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di un’amministrazione pubblica priva di discrezionalità in ordine alla decisione di erogare o meno le provvidenze ed in ordine alla misura delle stesse (su questa medesima linea si sono espresse, in relazione a norme di analogo contenuto, Cass. 18 dicembre 2007, n. 26626 e 29 agosto 2008, n. 21927).

15. Si sostiene che elementi di discrezionalità si rinverrebbero nella disciplina che regola l’attività del Comitato di verifica cui la normativa richiamata del D.P.R. n. 90 del 2010, artt. 1079 e ss, codice dell’ordinamento militare) affida il compito di formulare un parere medico – legale in ordine al riconoscimento della dipendenza delle infermità invalidanti o del decesso da causa di servizio. Ma dall’analisi di tale disciplina emerge che il comitato non ha discrezionalità nello svolgere il suo compito di accertare la dipendenza da cause di servizio e deve applicare criteri e modalità precisate dalla legge per la determinazione dell’invalidità permanente.),a medesima normativa, poi, prevede che l’amministrazione “in conformità al giudizio espresso dalle commissioni mediche ospedaliere nonché al parere del comitato di verifica” adotta il provvedimento di attribuzione del beneficio e ne cura la liquidazione, senza introdurre elementi di discrezionalità.

16. Né un filtro discrezionale può essere desunto dal limite massimo di dieci milioni di curo all’anno, a decorrere dal (OMISSIS), previsto per la spesa finalizzata all’estensione dei benefici (L. n. 266 del 2005, comma 562), in quanto l’apposizione di un tetto alla spesa annua può giustificare il mancato accoglimento delle domande qualora il limite sia stato raggiunto e non vi siano più fondi, ma non discrezionalità nella erogazione del beneficio.

17. Fissato il punto decisivo costituito dal fatto che si è in presenza di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo, deve poi rilevarsi che tale diritto non rientra nello spettro di diritti e doveri che integrano il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Si tratta infatti di un diritto che si colloca fuori e va al di là di tale rapporto, contrattualizzato o meno che esso sia, potendo riguardare anche soggetti che con la amministrazione non abbiano un rapporto di lavoro subordinato, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio.

18. Come si è visto, la norma di riferimento è la L. n. 266 del 2005, comma 564, che estende la disciplina dettata per i dipendenti pubblici (dalla L. n. 466 del 1980, comma 563) anche a “coloro” che abbiano subito infermità dipendenti da causa di servizio, delineando un’area che si estende al di là del rapporto di impiego pubblico e che ingloba, ad esempio, i militari di leva, o che potrebbe estendersi a forme regolate di volontariato, prevedendo diritti anche in favore loro o dei familiari superstiti.

19. Come si è sottolineato in dottrina, si è in presenza di un diritto di natura prevalentemente assistenziale volto a prestare un ausilio a chi abbia subito un’infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche da cui siano derivati particolari rischi. Quindi la competenza è regolata dall’art. 442 c.p.c. e la giurisdizione è del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro e dell’assistenza sociale. Il primo motivo è quindi infondato.

20. Con il secondo motivo il ministero denunzia violazione dell’art. 2697 c.c., per essere stato condannato sull’erroneo presupposto della non contestazione di quanto affermato dagli attori circa il nesso di causalità tra la malattia e l’esposizione ad agenti patogeni, contestazione che invece, secondo il ministero, era stata effettuata richiamando il giudizio del comitato di verifica.

21. Anche questo motivo non è fondato perché la Corte d’appello si limita a giudicare “non contestati” solo i seguenti fatti: 1) situazione dei luoghi e continuità fenomenica e cronologica; 2) impiego di uranio impoverito. Al contrario, sul nesso di causalità tra malattia ed agenti patogeni la Corte sviluppa una motivazione articolata che prescinde dalla non contestazione.

22. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 603 del nuovo codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010) per aver riconosciuto il beneficio in presenza di una causa di servizio, mentre al contrario il riconoscimento della qualità di “vittima del dovere” costituisce un quid pluris che richiede un rischio specifico connesso alla peculiare pericolosità concreta della funzioni svolte.

Anche quest’ultimo motivo è infondato perché la Corte d’appello ha specificamente e congruamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto provata la circostanza che il militare deceduto sia stato esposto a maggiori pericoli rispetto al servizio in condizioni ordinarie, in particolare con riferimento alle condizioni in cui si svolse la missione in (OMISSIS).

24. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

25. Segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti. Non sussistono invece i presupposti per il pagamento di importi a titolo di contributo unificato a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ministero ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in 3.000,00 Euro per compensi professionali, oltre 15% per spese forfetarie ed accessori.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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