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Incidente stradale: litisconsorzio necessario in caso di indennizzo diretto

litisconsorzio necessario in caso di indennizzo-diretto

Il soggetto responsabile di un sinistro stradale è litisconsorte necessario nella procedura di risarcimento diretto, in base a quanto affermato dalla Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, con ordinanza n. 21896 del 20 settembre 2017

Il fatto

Il danneggiato a causa di un sinistro stradale conveniva in giudizio la propria Compagnia assicurativa, trattandosi di indennizzo diretto, per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti in sinistro stradale. La domanda veniva rigettata in primo grado.

Il danneggiato proponeva appello ed in secondo grado veniva dichiarata la nullità del giudizio di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del responsabile. Il danneggiato, anziché integrare il contraddittorio, decideva di ricorrere per Cassazione.

La Suprema Corte, con l’ ordinanza in discorso, chiarisce definitivamente che, in caso di indennizzo diretto, SI DEVE CONVENIRE IN GIUDIZIO ANCHE il soggetto responsabile del sinistro, oltre all’ impresa assicuratrice.

In passato sul punto non vi era univocità di vedute a causa della errata interpretazione che veniva fornita del’art. 149 comma VI D.Lgs. 209/2005 che testualmente recita “… il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’art. 145 comma II, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”. Secondo parte della giurisprudenza il termine “soli” escluderebbe la partecipazione al giudizio di chi ha causato il sinistro.

L’ordinanza:

Non vi sono stati, come si diceva, pronunciamenti espliciti; tuttavia questa Corte ha già, in qualche modo, sfiorato l’argomento. Vanno richiamate, in proposito: le sentenze 2 dicembre 2014, n. 25421, e 22 novembre 2016, n. 23706, nelle quali si è detto che il litisconsorzio necessario ha portata generale, anche in relazione al giudizio promosso ai sensi dell’art. 149 cit., senza tuttavia illustrarne le ragioni; nonché le ordinanze 8 marzo 2017, n. 5805, e 11 aprile 2017, n. 9276, nelle quali il problema è stato solo marginalmente affrontato, anche perché in quei giudizi il danneggiante era stato comunque chiamato in causa. Nella citata sentenza n. 25421 del 2014, in particolare, si è detto che il litisconsorzio necessario «ha la funzione di rendere opponibile all’assicurato l’accertamento della sua condotta colposa, al fine di facilitare l’eventuale regresso dell’assicuratore, nel caso in cui eventuali clausole contrattuali limitative del rischio, inopponibili al terzo danneggiato, gli avessero consentito di rifiutare l’indennizzo». Per rispondere al quesito sopra delineato, è necessario compiere qualche precisazione. Innanzitutto, è bene rammentare che, come questa Corte ha già affermato, l’azione diretta di cui all’art.149 cit. non è originata dal contratto assicurativo, ma dalla legge, che la ricollega al verificarsi del sinistro a certe condizioni, assumendo l’esistenza di un contratto assicurativo solo come presupposto legittimante, sicché la posizione del danneggiato non cessa di essere originata dall’illecito e trovare giustificazione in esso, assumendo la posizione contrattuale del medesimo verso la propria assicurazione soltanto la funzione di sostituire l’assicurazione del danneggiato a quella del responsabile nel rispondere della pretesa risarcitoria (così l’ordinanza 13 aprile 2012, n. 5928). In altri termini, il sistema risarcitorio costruito dall’art. 149 e dal d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, si fonda su una sorta di accollo ex lege, a carico dell’assicuratore del danneggiato, del debito che sarebbe gravante sul responsabile e sull’assicuratore di quest’ultimo. In sostanza, la procedura in questione determina un meccanismo di semplificazione operante a condizione che si tratti di danni al veicolo, o alle cose trasportate di proprietà dell’assicurato o del conducente, ovvero anche di danno alla persona subito dal conducente non responsabile, purché nei limiti di cui all’art. 139 del decreto stesso (lesioni di lieve entità). In tal modo il danneggiato viene risarcito dal proprio assicuratore il quale potrà recuperare quanto pagato dall’assicuratore del responsabile (v. anche la sentenza 10 agosto 2016, n. 16874). Si tratta, quindi, di una procedura che trova il proprio fondamento, oltre che nel modesto valore dei risarcimenti di cui si tratta, principalmente in una esigenza di rapidità di tutela, assicurata dalla circostanza che il danneggiato, rivolgendosi al proprio assicuratore con cui ha un rapporto contrattuale pendente, risulta agevolato proprio dall’esistenza di tale rapporto e dalla relativa conoscenza con la struttura dell’assicuratore. Occorre però tenere presente che il sistema previsto dal d.lgs. n. 209 del 2005 è, per certi versi, identico a quello preesistente; ed infatti l’art. 144, comma 3, di tale decreto dispone che, quando la vittima propone l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, ha l’obbligo di convenire altresì, quale litisconsorte necessario, il responsabile del sinistro, identificato nel proprietario del mezzo. L’azione che la legge offre al danneggiato nei confronti del proprio assicuratore non è diversa da quella regolata dall’art. 144 cit.; ne dà conferma in tal senso il comma 6 dell’art. 149 il quale attribuisce alla vittima la stessa azione regolata dalla norma precedente; e la possibilità che l’art. 149, comma 6, cit. conferisce all’assicuratore del responsabile di intervenire in giudizio e di estromettere l’altra impresa si collega alla posizione di accollo ex lege di cui si è detto in precedenza. La legge dice che, quando tale intervento ha luogo, la richiesta di estromissione è possibile se l’impresa interveniente riconosca la responsabilità del proprio assistito. Ora, è palese che tale responsabilità, per essere oggetto di riconoscimento, deve essere già oggetto di discussione nel giudizio introdotto dal danneggiato contro il proprio assicuratore e ciò è un’ulteriore indiretta conferma dell’esistenza del litisconsorzio necessario. D’altra parte, l’azione diretta di cui all’art. 144 cit. presenta tre caratteristiche essenziali: l’inopponibilità delle eccezioni, il limite del massimale ed il litisconsorzio necessario. E poiché è pacifico che le prime due trovano applicazione anche nel caso di azione diretta promossa dalla vittima nei confronti del proprio assicuratore, in regime di risarcimento diretto, non si comprende perché mai a quest’ultima azione debba negarsi l’applicabilità della terza caratteristica dell’azione diretta, ovvero il litisconsorzio necessario. Giova rammentare, ad ulteriore rafforzamento dell’approdo interpretativo qui raggiunto, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 180 del 2009, ha posto in luce quali siano le effettive finalità della procedura di risarcimento in questione, rilevando che essa «non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato». La sentenza, tra l’altro, ha ricordato che il nuovo sistema non esclude le azioni già previste dall’ordinamento in favore del danneggiato e che l’assicuratore di quest’ultimo «non fa altro che liquidare il danno per conto dell’assicurazione del danneggiante». In conclusione, quindi, appare al Collegio evidente che le stesse finalità individuate dalla giurisprudenza sopra richiamata in ordine all’art. 23 della legge n. 990 del 1969 continuano a sussistere anche nella procedura di risarcimento diretto. È vero che il litisconsorzio necessario rischia di appesantire la procedura; ma è altrettanto vero che ciò trova un evidente bilanciamento nella necessità di evitare che il danneggiante responsabile possa affermare l’inopponibilità, nei suoi confronti, dell’accertamento giudiziale operato verso l’assicuratore del danneggiato, posto che i due assicuratori dovranno necessariamente regolare tra loro i relativi rapporti (art. 149, comma 3, cit.)”.

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