Il danno parentale è ricompreso nell’ambito della sfera del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c.e può conseguire da:
L’individuazione di tale fattispecie dannosa è passata per un lungo percorso giurisprudenziale, approdato, attualmente, a configurare il danno parentale come la perdita del valore PERSONALE ( non economico) dato dalla privazione “…. del godimento del congiunto e della definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalità con le quali tali eventi, normalmente, si esprimono nell’ambito del nucleo familiare” ( Cass. Civ. n. 2557/2011) .
Si tratta quindi di un danno che incide sulla sfera degli affetti familiari ed è quindi interesse protetto costituzionalmente in quanto contrasta con l’esplicazione della personalità umana nell’ambito di quella formazione sociale che è la famiglia e quindi con gli artt. 2,29 e 30 della Costituzione; viene infatti violato un interesse protetto che deve essere risarcito non ai sensi dell’art. 2043 c.c. (non avendo rilevanza economica), bensì ai sensi dell’art. 2059 c.c.
Il danno parentale non riguarda soltanto il dolore provocato dalla perdita del congiunto ma ha un’accezione ben più ampia in quanto si concretizza nel “vuoto” dovuto al non poter più godere della presenza di una persona cara (in caso di suo decesso) ovvero, in caso di menomazione grave, nel non poter più fare insieme tutto ciò che si era fatto per anni ; si tratta quindi, della “ irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti familiari, nonché nell’alterazione che un evento del genere inevitabilmente produce anche …fra superstiti” (Cass. Civ. n. 10107/2011).
Ma attenzione, non si tratta solo e semplicemente della perdita delle abitudini di vita: il danno parentale è quello che comporta cambiamenti radicali nello stile di vita: un vero e proprio sconvolgimento che determina anche scelte di vita diverse. Il tutto deve essere oggettivamente accertabile (Cass. Civ. n. 10527/2011)
Il giudice del merito, infatti, nel valutare tutti gli aspetti del danno, deve, da un lato evitare duplicazioni nelle varie voci di danno e, per contro, anche dei vuoti risarcitori, dall’altro lato è tenuto ad accertare se nel concreto, a seguito del decesso o della menomazione subita dal congiunto si sia realmente verificato lo sconvolgimento delle normali abitudini di vita dei familiari. ( Cass. Civ. n. 19402/2013).