In caso di danni provocati dall’asfalto bagnato o scivoloso, l’Ente proprietario o gestore della strada è tenuto al risarcimento a titolo di responsabilità per danni cagionati dalle cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. a meno che non dimostri il caso fortuito, circostanza che esclude il risarcimento.
Il principio, ormai consolidato in giurisprudenza, è stato di recente ulteriormente ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 6703/2018
IL CASO:
un motociclista, caduto riportando lesioni fisiche a causa della presenza sull’asfalto di materiale scivoloso, non visibile e non segnalato, agiva in giudizio nei confronti del Comune per ottenere il risarcimento dei danni ma la domanda veniva rigettata sia in primo grado che in appello. Il motociclista pertanto ricorreva in Cassazione.
LA DECISIONE:
La Corte di Cassazione sottolinea che non spetta al danneggiato dimostrare che l’evento sia stato determinato da cause create da terzi, non conoscibili e non eliminabili, ovvero che sia stato determinato da caso fortuito: l’onere probatorio grava in capo alla Pubblica Amministrazione che è tenuta al risarcimento del danno a meno che riesca a dimostrare che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione, la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode.
L’ORDINANZA:
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Sezione VI – 3 Civile
Ordinanza 20 settembre 2017 – 19 marzo 2018, n. 6703
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 120-2017 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO NARDIELLO;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SCAFATI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 843/2016 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE, depositata il 28/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
Svolgimento del processo
P.A. propose appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Nocera Inferiore n. 44/2012, con la quale era stata rigettata, perchè ritenuta non provata, la domanda proposta dal medesimo P. nei confronti del Comune di Scafati e volta alla condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni riportati dall’attore a seguito del sinistro verificatosi a (OMISSIS) in data (OMISSIS), allorchè il P., mentre era alla guida del suo ciclomotore Scarabeo, era caduto al suolo in quanto tale motoveicolo aveva “perso aderenza” per la presenza di materiale vischioso sul manto stradale, non visibile e non segnalato.
L’appellato si costituì resistendo all’appello.
Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza pubblicata il 28 maggio 2016, rigettò l’appello e ogni altra domanda e condannò l’appellante alle spese di lite.
Avverso la sentenza del Tribunale P.A. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi.
L’intimato Comune non ha svolto attività difensiva in questa sede.
La proposta del relatore è stata comunicata all’avvocato della parte ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
2. Con il primo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art(t). 2051 c.c., art. 1227 c.c., art. 2056 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c. e ss. art. 40 c.p…. comma 2) ed omessa ed insufficiente motivazione – art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia posto a suo carico “l’onere di provare l’inesistenza del fortuito, la non immediatezza dell’eventuale fatto del terzo – costituente mera congettura -, l’inevitabilità dell’evento a mezzo dell’adozione, da parte del custode, di tutte le idonee misure di vigilanza, controllo ed intervento, l’esigibilità dell’intervento riparatorio dell’Ente custode, violando il disposto, tra l’altro, dell’art. 2051 c.c., artt. 2697 e 2699 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., art. 40 c.p.”.
Ad avviso del ricorrente, l’errore giuridico in cui sarebbe incorso il Tribunale avrebbe “avuto una plastica ricaduta nell’affermazione che la mera presenza della macchia d’olio è il caso nel quale si concreta il caso fortuito sic e simpliciter, affermazione non suffragata da alcun elemento oggettivo, evidente frutto di una “presunzione”, deduzione, che contra ius addossa al danneggiato piuttosto che al custode, l’onere di provare l’insussistenza del caso fortuito”.
Sostiene, altresì, il P. che “a fronte della ritenuta sussistenza della prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno cioè della dipendenza eziologica dei pregiudizi riportati per effetto della situazione di pericolo incombesse sull’… Ente proprietario custode l’onere probatorio circa il verificarsi del caso fortuito” e che, in ossequio a tali principi di riparto dell’onere probatorio, il Tribunale avrebbe erroneamente non ammesso la prova per testi articolata dall’attore e la chiesta c.t.u..
3. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto – artt. 2051, 2697 e 2699 e ss. c.c., art. 1227 c.c., art. 2056 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c ed omessa ed insufficiente motivazione – art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, il P. censura la sentenza impugnata per aver il Tribunale “dall’accertamento dell’esistenza di materiale viscoso presente sul manto stradale… presunto essersi formata la prova del caso fortuito”, atteso che il potere del giudice di libera valutazione della prova, secondo il suo prudente apprezzamento, non consentirebbe allo stesso di attribuire efficacia probatoria esaustiva ad elementi meramente indiziari, valutabili solo in relazione alle altre prove.
4. I primi due motivi, essendo strettamente connessi, ben possono essere congiuntamente esaminati.
4.1. Per quanto attiene alle censure motivazionali proposte con i mezzi in scrutinio, le stesse sono inammissibili.
Si evidenzia che, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata in data 28 maggio 2016, nella specie trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134.
Alla luce del testo di detta norma, così come novellata, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 cod. proc. civ. (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Nella specie, con le censure formulate, per quanto attiene ai lamentati vizi motivazionali, il ricorrente non propone le relative doglianze nel rispetto del paradigma legale di cui al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c. ma ripropone, come peraltro chiaramente indicato già nella rubrica del motivo all’esame, inammissibilmente lo stesso schema censorio del n. 5 nella sua precedente formulazione, inapplicabile ratione temporis.
4.2. Sono invece fondate le doglianze veicolate ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., in base all’assorbente rilievo che, nonostante abbia richiamato pertinenti precedenti, il Tribunale non si è conformato ai principi di diritto più volte enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.
In particolare, questa Corte ha affermato che “la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’Amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d’olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode (tra le più recenti, v. Cass., ord., 27/03/2017, n. 7805; Cass., 11/03/2016, n. 4768, Cass. 22/03/2016, n. 5622 e Cass. 23/03/2016, n. 5695, non massimate; v. in senso conforme, in precedenza: Cass. 12/03/2013, n. 6101; Cass. 18/10/2011, n. 21508; Cass. 18/07/2011, n. 15720; Cass. 13/07/2011, n. 15389; Cass. 20/11/2009, n. 24529; Cass. 19/11/2009, n. 24419; Cass. 3/04/2009, n. 8157, pure richiamata nella sentenza impugnata; Cass. 25/07/2008, n. 20427; Cass. 6/06/2008, n. 15042, pure richiamata nella sentenza impugnata).
Va evidenziato che, nel caso all’esame, il Tribunale di Nocera Inferiore, ritenute “non contestate” “le circostanze che l’attore (era) cad(uto) dal ciclomotore a causa della presenza di una macchia d’olio sulla sede stradale e (aveva) riporta(to) lesioni personali a seguito della caduta)” e precisato che la presenza della macchia d’olio era stata confermata dalla relazione della Polizia Municipale intervenuta successivamente, ha rilevato che “nel caso in esame non risulta in alcun modo indicato da quan(t)o tempo era presente la macchia di sostanza scivolosa sulla carreggiata nè di che tipo di sostanza si trattava”.
Il medesimo Tribunale ha, quindi, ritenuto, “in base a tali circostanze, che non risulta provata la conoscenza da parte dell’ente obbligato alla manutenzione della strada della presenza della macchia di sostanza scivolosa e quindi allo stesso non può essere imputato di non aver effettuato un intervento per eliminarla”, che “le circostanze appena descritte sicuramente rappresentano il caso fortuito che esclude l’ascrivibilità dell’incidente all’ente proprietario della strada in quanto non risulta provato che lo stesso era in condizione di eliminare il pericolo causato dai terzi” e che per tali ragioni debba ritenersi “provato il caso fortuito nella verificazione dell’incidente occorso all’attore e che pertanto nessuna responsabilità per i danni derivati” possa essere ascritta all’ente convenuto.
Ma così decidendo il Tribunale ha disatteso i principi sopra riportati e pure richiamati in sentenza, sostanzialmente ponendo a carico dell’attore l’onere di dimostrare che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili e non eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione ovvero che sia stato determinato da una situazione che imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode, onere probatorio posto, invece, come si è già evidenziato, a carico della P.A..
La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio affinchè la fattispecie sia nuovamente esaminata, anche in relazione alle proposte richieste istruttorie, alla luce dei principi sopra enunciati (v. anche Cass. 23/06/2016, n. 13005 secondo cui in materia di responsabilità da cose in custodia, la sussistenza del caso fortuito, idoneo ad interrompere il nesso causale, forma oggetto di un onere probatorio che grava sul custode).
4.3. I primi due motivi vanno, pertanto, accolti per quanto di ragione.
5. Dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, nei limiti sopra precisati, resta assorbito l’esame del terzo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2043 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., art. 1227 c.c. art. 2056 c.c. 24 Cost.) ed omessa ed insufficiente motivazione – art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.
6. In conclusione, vanno accolti, per quanto di ragione, i primi due motivi, assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Nocera Inferiore, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
7. Stante l’accoglimento del ricorso, nei limiti sopra precisati, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso per quanto di ragione, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Nocera Inferiore, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 20 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2018