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Consenso informato: responsabilità del medico per mancata informazione

Consenso informato

In materia di responsabilità professionale sanitaria del medico-chirurgo, si è nuovamente pronunciata la Suprema Corte con la recente sentenza n. 16503/2017 con cui si è fatta ulteriormente chiarezza sullo specifico aspetto del consenso informato: “l’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, dal cui inadempimento deriva – secondo l’”id quod plerumque accidit” – un danno conseguenza” che è determinato dalla sofferenza dalla contrazione della propria libertà personale di disporre di se stesso, sia dal punto di vista psichico che dal punto di vista fisico.

Si tratta delle sofferenze patite dal soggetto che abbia subito interventi non assentiti.

Il danno non necessita di specifica prova, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

L’omessa informazione del medico al paziente assume rilevanza ex sé ed è punibile senza che sia necessario dimostrare che, se l’obbligo informativo fosse stato correttamente adempiuto, il paziente avrebbe probabilmente rifiutato l’intervento al quale invece si è sottoposto.

L’obbligo del consenso informato rappresenta la legittimazione e il fondamento del trattamento sanitario che, in mancanza del consenso informato, è sicuramente illecito!

Ai fini della responsabilità. L’obbligo del consenso informato acquisisce una propria ed autonoma rilevanza ed è una prestazione “altra e diversa da quella dell’intervento medico” ed assume autonoma rilevanza ai fini risarcitori.

Il danno provocato dell’omessa informazione al paziente di tutte le possibili conseguenze dell’intervento cui deve essere sottoposto, è costituito dall’intervento stesso e cioè dal fatto che i sanitari siano intervenuti su di un paziente senza aver prima richiesto ed ottenuto il suo consenso.

Si tratta pertanto di una condotta omissiva cui segue una condotta commissiva!

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La sentenza:

Cassazione civile, sez. III, 05/07/2017, (ud. 05/05/2017, dep.05/07/2017), n. 16503 Vedi massime correlate

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente – Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27802/2014 proposto da:

T.T.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

SANTO, 2, presso lo studio dell’avvocato SIMONA CARLONI, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.T.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

SANTO, 2, presso lo studio dell’avvocato SIMONA CARLONI, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso

principale;

– controricorrente –

e contro

AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS), C.C.;

– intimati –

nonchè da:

AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS) in persona del Direttore Generale e

legale rappresentante pro tempore Dott. O.M.,

C.C. elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 32, presso

lo studio dell’avvocato LIDIA SGOTTO CIABATTINI, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato BASSANO BARONI giusta procura

speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1439/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo

del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato SIMONA CARLONI;

udito l’Avvocato LUCA DE CENSI per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

  1. T.T.F., lamentando esserle derivate lesioni da un intervento chirurgico del (OMISSIS) di emilanectomia parziale, erniectomia e foratominotomia per tentativo di risoluzione di lombosciatalgia destra, adì – con atto di citazione notificato tra il 19 e il 30 marzo 2007 – il tribunale di Como per conseguire dall’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), dove l’intervento era stato effettuato, nonché dal Dott. C.C., che lo aveva eseguito, il risarcimento del danno iatrogeno e di quello derivatole dal non essere stata adeguatamente informata circa la natura e le conseguenze dell’intervento.
  2. I convenuti resistettero alla domanda, chiamando in causa le rispettive assicuratrici della r.c. (per l’Ospedale, le coassicuratrici Unipol, Generali Assicurazioni, RAS, oggi Allianz, INA Assitalia e Nuova Tirrena Assicurazioni; per il sanitario la Assicuratrice Milanese spa); e, all’esito anche di una consulenza tecnica di ufficio, il giudice di primo grado respinse (con sentenza n. 747/12) le domande attoree, compensando le spese di lite tra tutte le parti, tranne che nei confronti di Nuova Tirrena Assicurazioni, in favore della quale condannò gli originari convenuti.
  3. Interposero appello principale la danneggiata e incidentale l’ospedale ed il sanitario: la prima sul rigetto di entrambe le domande (sul danno da errata operazione chirurgica e su quello da difetto di valido consenso informato) e gli altri sulla ritenuta esclusione della copertura assicurativa da parte di Nuova Tirrena Assicurazioni; e l’adita corte di appello ambrosiana, esclusa la responsabilità in relazione all’intervento in sé considerato per essere stato eseguito a regola d’arte nonostante l’esito non favorevole per il paziente, accolse parzialmente il primo gravame, ritenendo fondata soltanto la seconda domanda della T. e liquidando in suo favore, a carico dell’Azienda Ospedaliera e del C., la somma di Euro 30.000,00 onnicomprensivi, con condanna solidale di costoro al pagamento di una tale somma in favore dell’appellante principale e, per metà compensatele, delle spese di lite di primo e secondo grado, tra l’altro con condanna di Unipol, Generali ed INA a manlevare i condannati.
  4. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 09/04/2014 col n. 1439, ricorre, affidandosi a due motivi e con atto non notificato alle assicuratrici, T.F.T.; resistono con unitario controricorso, con cui dispiegano ricorso incidentale articolato su due motivi, a cui replica la ricorrente principale e che ulteriormente illustrano con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) e C.C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. E’ opportuno esaminare complessivamente le censure proposte dalle parti per delimitare il tema del giudizio di legittimità e verificare la necessità di integrare su quelle il contraddittorio, secondo quanto prospettato in via preliminare dai ricorrenti incidentali.
  2. A questo riguardo, si ha che la ricorrente principale T.F.T. lamenta:

– col primo motivo, “violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 32 Cost., art. 132 c.p.c., artt. 1223, 1225, 1226, 2059 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, contestando la carenza assoluta di un percorso motivazionale a sostegno della quantificazione in Euro 30.000 del risarcimento da lesione del suo diritto alla autodeterminazione in difetto di consenso adeguatamente informato;

– col secondo motivo, “violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 132, 183, 184 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, quanto alla mancata ammissione di una prova per testi in ordine alle rassicurazioni ricevute, durante le visite preoperatorie e dai sanitari dell’ospedale, sul carattere routinario dell’intervento e sull’esito migliorativo delle sue condizioni, da cui poi desumere il suo rifiuto di sottoporvisi, se adeguatamente informata dei rischi.

  1. Dal canto loro, i ricorrenti incidentali, dopo avere eccepito la non integrità del contraddittorio in relazione alla mancata estensione del medesimo anche alle assicuratrici della loro responsabilità civile (Unipol, Generali Assicurazioni spa, RAS – Riunione Adriatica di Sicurtà spa, oggi Allianz, quali coassicuratrici dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), nonché Assicuratrice Milanese Compagnia di Assicurazioni spa, assicuratrice del C.), denunciano:

– con un primo motivo, “vizio per omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – che è stato oggetto di discussione tra le parti – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – in ordine al consenso informato espresso dalla sig.ra T.”, contestando sotto diversi profili – tra cui la mancata allegazione e prova del fatto che, in presenza di più compiuta informazione, ella non si sarebbe sottoposta all’intervento – l’affermazione di responsabilità della violazione degli obblighi sul punto sussistenti in capo ad essi;

– con un secondo e ancora più complesso motivo, “vizio per omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – in ordine all’operatività delle polizze assicurative stipulate dall’azienda ospedaliera e dal medico“, contestando le conclusioni raggiunte dalla corte di appello in ordine alla ritenuta non operatività della polizza del C. per la validità della clausola claims made ad essa adietta, nonché in punto di spese nei rapporti con la Nuova Tirrena e, a seguito della auspicata riforma dei capi sulla domanda principale, anche nei rapporti con tutte le altre parti.

  1. Ora, va esclusa la necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle assicuratrici della responsabilità civile dei ricorrenti incidentali (e danneggianti, secondo la tesi della qui ricorrente principale), anche solo in dipendenza dell’estensione del thema decidendum determinata dal dispiegamento del ricorso incidentale: senza necessità di affrontare la questione della scindibilità o meno della domanda della danneggiata rispetto a quella di garanzia, né quella dell’onere in capo al danneggiante, che quest’ultima riproponga, di provvedere direttamente ad estendere il contraddittorio anziché lamentarsi che a non avervi provveduto sia stata la controparte – impugnante principale – con tutta evidenza non interessata, rileva il Collegio che la prospettiva dell’inammissibilità o della manifesta infondatezza dei ricorsi, anche nella parte in cui essi potrebbero interessare le potenziali intimate qui pretermesse, rende inutile ogni integrazione, in applicazione dei principi applicati a partire da Cass. Sez. U. ord. 22/03/2010, n. 6826 (seguita da molte altre tra cui Cass. 18/01/2012, n. 690, ovvero Cass. 24/05/2015, n. 12995, ovvero ancora da Cass. Sez. U. 22/12/2015, n. 25772 – e, tra le ultime, anche per il caso della manifesta infondatezza, da Cass. ord. 08/03/2017, n. 5836), poiché la concessione di un termine a tale scopo si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di Cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.
  2. Tutto ciò posto, va osservato, in primo luogo, che il motivo di ricorso incidentale che riguarda direttamente le assicuratrici, cioè il secondo, è manifestamente inammissibile:

– per evidente difetto di specificità, risolvendosi in un’inestricabile commistione di argomenti di fatto e di diritto, in violazione del principio (per tutte: Cass. 06/03/2014, n. 5277) per il quale “il requisito di specificità e completezza del motivo di ricorso per cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorché la legge non lo preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del suo scopo (art. 156 c.p.c., comma 2)”; sicchè “tali principi, applicati ad un atto di esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati come il ricorso per cassazione e posti in relazione con la particolare struttura del giudizio di cassazione, nel quale la trattazione si esaurisce nella udienza di discussione e non è prevista alcuna attività di allegazione ulteriore (essendo le memorie, di cui all’art. 378 c.p.c., finalizzate solo all’argomentazione sui motivi fatti valere e sulle difese della parte resistente), comportano che il motivo di ricorso per cassazione, ancorché la legge non esiga espressamente la sua specificità…, debba necessariamente essere specifico, cioè articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo (Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi)”;

– perché pretende di riferire ad un omesso esame di una congerie indifferenziata di fatti – in violazione dell’interpretazione del nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., data dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014) – la contestazione di un’articolata serie di soluzioni cui la corte territoriale perviene in ordine a molteplici questioni di fatto e di diritto pure circa l’operatività delle coperture assicurative e sotto differenti profili, anche in ordine all’interpretazione delle relative clausole, senza rispettare neppure la consolidata giurisprudenza di questa Corte in base alla quale il risultato dell’attività di ermeneutica contrattuale del giudice del merito va censurato in sede di legittimità esclusivamente dolendosi di bene individuati errori di applicazione di altrettanto bene individuate norme sull’interpretazione dei contratti e cioè di uno o più tra gli artt. 1362 c.c. e segg., da indicare – inoltre analiticamente (tra innumerevoli: Cass. 26/05/2016, n. 10896; Cass. 04/11/2014, n. 23447).

  1. Esclusa l’ammissibilità del secondo motivo di ricorso incidentale, prioritario ai fini della verifica della necessità di una immediata integrazione del contraddittorio per essere le domande cui quello si riferiva rivolte appunto in via diretta nei confronti di parti non evocate in giudizio in questa sede, può ora valutarsi il merito della domanda di risarcimento del danno da lesione del diritto del paziente al consenso informato, su cui vertono gli altri tre motivi: e che pure, peraltro, investe, sia pure appunto di riflesso ed in ragione della dispiegata ed accolta domanda di garanzia, la posizione processuale delle garanti qui pretermesse; ma anche su di esso non è necessaria alcuna previa integrazione del contraddittorio.
  2. Al riguardo, assume logica priorità il primo motivo di ricorso incidentale, col quale si contesta in radice la spettanza del risarcimento: ed esso è manifestamente infondato.
  3. In primo luogo, infatti, la valutazione della non completezza o non adeguatezza delle informazioni in concreto somministrate alla paziente prima dell’intervento, come su ogni altra questione di fatto ivi coinvolta, impinge in un apprezzamento di merito, sottratto a verifica nella presente sede di legittimità, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto – se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite – istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. Un., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti).
  4. In secondo luogo, non è corretta la tesi dei ricorrenti incidentali per la quale l’inadempimento dell’obbligo informativo si avrebbe solo in caso di allegazione e prova, da parte del paziente, di un suo probabile rifiuto all’intervento in caso di avvenuta adeguata informazione; al riguardo risultando opportuno premettere – ricordata la natura contrattuale dell’obbligo gravante sul sanitario e quindi la sufficienza dell’allegazione dell’inadempimento da parte del paziente-creditore – che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (in tali testuali termini, Cass. 13/02/2015, n. 2854):

– l’obbligo del consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario, senza il quale l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando è nell’interesse del paziente (Cass. 16/10/2007, n. 21748); pertanto, ai sensi dell’art. 32 Cost., comma 2 (in base al quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), dell’art. 13 Cost. (che garantisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica) e della L. n. 833 del 1978, art. 33 (che esclude la possibilità di accertamenti e trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.), un tale obbligo è a carico del sanitario, il quale, una volta richiesto dal paziente dell’esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso;

– un tale obbligo attiene all’informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto ed in particolare al possibile verificarsi, in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso (Cass. 13/04/2007, n. 8826; Cass. 30/07/2004, n. 14638), di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, onde porre quest’ultimo in condizione di consapevolmente consentire al trattamento sanitario prospettatogli (Cass. 14/03/2006, n. 5444). Il medico ha pertanto il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili;

– l’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente (cfr. Cass., 16/05/2013, n. 11950); e si tratta, in definitiva, di due diritti distinti (Cass. 06/06/2014, n. 12830): il consenso informato attenendo al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico (Corte Cost., n. 438 del 2008) e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest’ultima non potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana: art. 32 Cost., comma 2); il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo alla tutela del (diverso) diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost., comma 1).

  1. Ancora, il diritto ad essere correttamente informati al fine di potere esprimere un consenso al trattamento sanitario sulla propria persona va attentamente ricostruito alla stregua dei principi generali già affermati a partire da Cass. Sez. U. 11/11/2008, n. 26972, come appresso (in tali testuali termini: Cass. 12/06/2015, n. 12205):

– la lesione del diritto ad esprimere il c.d. consenso informato da parte del medico si verifica per il sol fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sulla persona del paziente di atti medici senza avere acquisito il suo consenso;

– il c.d. danno evento cagionato da tale condotta è rappresentato dallo stesso estrinsecarsi dell’intervento sulla persona del paziente senza la previa acquisizione del consenso, cioè, per restare al caso dell’intervento chirurgico, dall’esecuzione senza tale consenso dell’intervento sul corpo del paziente; danno-evento in questione che risulta, dunque, dalla tenuta di una condotta omissiva seguita da una condotta commissiva;

– il danno conseguenza (quello che l’art. 1223 c.c., indica come perdita o mancato guadagno) è, invece, rappresentato dall’effetto pregiudizievole che la mancata acquisizione del consenso e, quindi, il comportamento omissivo del medico, seguito dal comportamento positivo di esecuzione dell’intervento, ha potuto determinare sulla sfera della persona del paziente, considerata nella sua rilevanza di condizione psico-fisica posseduta prima dell’intervento, la quale, se le informazioni fossero state date, l’avrebbe portata a decidere sul se assentire la pratica medica, vale a dire: a) dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sè stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell’esecuzione dell’intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza; b) eventualmente, dalla diminuzione che lo stato del paziente subisce a livello fisico per effetto dell’attività demolitoria, che abbia eventualmente eliminato, sebbene a fini terapeutici, parti del corpo o le funzionalità di esse: poiché tale diminuzione avrebbe potuto verificarsi solo se assentita sulla base dell’informazione dovuta e si è verificata in mancanza di essa, si tratta di conseguenza oggettivamente dannosa, che si deve apprezzare come danno conseguenza indipendentemente dalla sua utilità rispetto al bene della salute del paziente, che è bene diverso dal diritto di autodeterminarsi rispetto alla propria persona, ancorché in modo di riflesso incidente sul bene della salute; c) se del caso, con riferimento alla possibilità che, se il consenso fosse stato richiesto, la facoltà di autodeterminazione avrebbe potuto indirizzarsi nel rivolgersi per l’intervento medico altrove, qualora si riveli che sarebbe stata possibile in relazione alla patologia l’esecuzione di altro intervento vuoi meno demolitorio vuoi anche solo determinativo di minore sofferenza, si verifica anche un danno conseguenza rappresentato da vera e propria perdita, questa volta relativa proprio ad aspetti della salute del paziente.

  1. Se tanto è vero, delle sequenze causali che diano esito nelle conseguenze suddette almeno la prima – quella sub a) del terzo alinea del precedente punto 10 (sofferenza e contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell’esecuzione dell’intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza) – corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità, ovverosia da normale frequenza statistica, corrispondendo all’id quod plerumque accidit e potendo quindi ritenersi di regola esentata da prova specifica, salvi la contestazione della controparte o l’onere dell’allegante che intenda giovarsi di fatti ancora più favorevoli a sé.
  2. E’ infatti da ritenersi immediata, siccome riferita al foro interno della coscienza dell’individuo e sostanzialmente da questa inscindibile perché risolta nella stessa attività di percezione ed elaborazione di quelli, la compromissione della genuinità dei processi decisionali fondati su dati alterati o incompleti per l’incompletezza delle informazioni. Solo per le altre due (quelle sub b) e c) del detto terzo alinea del precedente punto 10), mano a mano che ci si allontana dalla sequenza causale normale e che si amplia il ventaglio di opzioni liberamente percorribili o di esiti possibili, occorre un’allegazione prima – ed una prova poi – sempre più puntuale e specifica.
  3. In ogni caso, è indispensabile che ogni valutazione abbia ad oggetto la comparazione tra la situazione in cui si è venuto a trovare il paziente all’esito dell’espressione del suo consenso malamente informato con quella in cui si sarebbe comunque trovato se l’intervento sanitario non avesse avuto luogo: in altri termini, occorre che il descritto danno-evento sia correttamente inquadrato nella sua efficienza modificatrice di una sequenza causale preesistente incanalata lungo un suo sviluppo autonomo e che il danno-conseguenza da liquidare sia solo quello derivante dalla modificazione – in sostanza, dallo scarto o dalla differenza – del corso degli eventi cagionata dal consenso male informato rispetto a quanto poteva dirsi sviluppo normale – cioè, senza l’intervento o la pratica sanitaria della situazione in atto al momento in cui l’intervento – o la pratica sanitaria – oggetto del consenso è stato eseguito.
  4. In tale contesto, deve ritenersi che il paziente, il quale invochi, dispiegando la relativa domanda risarcitoria, l’incompletezza del consenso informato e quindi l’inadempimento del correlativo obbligo dei sanitari di somministrargli le informazioni necessarie per formarlo, alleghi implicitamente il danno a quella sua libera e consapevole autodeterminazione che, in base a quanto accade normalmente e per riferirsi la lesione ad un diritto personalissimo e relativo alla sfera interna del danneggiato (almeno quanto alla sofferenza ed alla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell’esecuzione dell’intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza), si ricollega quale conseguenza ineliminabile alla carenza di un quadro informativo completo e ben compreso o spiegato a chi dovrebbe valutarlo come base di una responsabile decisione.
  5. Nel medesimo contesto ed in modo del tutto analogo, sulla base di nozioni di comune esperienza può dirsi anche provato che, essendo stato tanto per implicito allegato attraverso la formulazione di una domanda siffatta, con il danno-evento dell’esecuzione dell’intervento sanitario seguito all’incompleta serie di informazioni si sia prodotta quale danno-conseguenza quanto meno la prima ed immediata delle conseguenze sopra descritte e cioè la lesione della libertà di autodeterminazione del paziente e la sofferenza ad essa connessa di cui sopra.
  6. Pertanto, non avrebbe avuto altro onere, nella specie, la paziente e qui ricorrente principale, che allegare e provare l’incompletezza od inadeguatezza – poi, per quanto detto, accertata con motivazione in fatto qui non censurabile dalla corte territoriale dell’informazione ricevuta prima di sottoporsi alla rischiosa operazione per allegare e addurre la prova, sulla base di presunzioni se non perfino di quanto accade secondo criteri di normalità, dei danni conseguenza almeno correlati alla lesione della sua libertà di autodeterminazione, fermo restando solo che tale specifica lesione non corrisponde mai, attesa l’ontologica diversità tra i due diritti lesi, quello all’autodeterminazione e quello all’integrità psicofisica, al danno a quest’ultima in quanto tale (in tali espressi termini: Cass. 2854 del 2015, cit.), quasi consentendo una sorta di automatico recupero, per tale via, dell’esito infausto per il paziente di un intervento chirurgico pure correttamente eseguito.
  7. Solo per le ulteriori e più gravi conseguenze, indicate più sopra (decisione di non sottoporsi all’intervento, acquisizione di pareri o soluzioni alternative, etc.), sarebbe intervenuta la necessità di una più specifica allegazione e prova, nella specie peraltro mai neppure prospettata o articolata, come si vedrà (in sensi analoghi, di recente, v. pure Cass. 23/11/2015 n. 23204).
  8. Il primo motivo di ricorso incidentale è pertanto infondato; ma le viste precisazioni sul contenuto del diritto al consenso informato consentono di trattare congiuntamente i due motivi di ricorso principale, per rilevare l’inammissibilità del primo e l’assorbimento del secondo.
  9. Infatti, se non può non riconoscersi che la motivazione della corte territoriale risulta apodittica, perché priva di ogni indicazione dei parametri applicati o dei criteri seguiti per giungere al totale della quantificazione del danno in trentamila euro, è altrettanto vero che la ricorrente – anche tralasciando di considerare che la liquidazione non potrebbe mai coincidere, di per sé sola considerata, con quella del danno alla salute che le è derivato (Cass. 09/02/2010, n. 2847; Cass. 27/11/2012, n. 20984; Cass. 16/02/2016, n. 2998) – non indica in ricorso quale, a suo giudizio, avrebbe dovuto essere il corretto ammontare di quella liquidazione, dimostrando quindi che la somma in concreto a lei riconosciuta è inidonea od insufficiente e quindi errata per difetto, in relazione ai profili da lei reputabili come correttamente dedotti e provati, cioè quei soli indicati sub a) al terzo alinea del precedente punto 10. Pertanto, non dimostrando il suo interesse a dolersi dell’effettiva liquidazione operata, il motivo da lei dispiegato risulta quindi inammissibile e neppure quanto ad essa si palesa necessaria alcuna integrazione del contraddittorio quanto alle garanti non coinvolte nel presente giudizio di legittimità.
  10. Tanto consente di ritenere assorbito il secondo motivo di ricorso incidentale (ciò che neppure, quindi, rende necessaria alcuna integrazione del contraddittorio al riguardo): in disparte la serissima problematicità di un’allegazione implicita – neppure sorretta da intrinseca concludenza, non derivando necessariamente dalla capitolazione riportata che, ove l’informazione fosse stata corretta e completa, effettivamente la paziente avrebbe rifiutato l’intervento, nonostante le sue condizioni serie ed ingravescenti – che si sostiene solo in questa sede di avere dedotto (così non rispettandosi la regola per la quale il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex artis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa: Cass. 02/04/2004, n. 6542; Cass. 10/05/2005, n. 9765; Cass. 12/07/2005, n. 14599; Cass. 11/01/2006, n. 230; Cass. 20/10/2006, n. 22540; Cass. 27/05/2010, n. 12992; Cass. 25/05/2011, n. 11471; Cass. 11/05/2012, n. 7295; Cass. 05/06/2012, n. 8992; Cass. 22/01/2013, n. 1435; Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9138), l’argomento è irrilevante, per la appena riscontrata inammissibilità del primo motivo e la conseguente non ulteriore utile contestabilità della liquidazione già conseguita dalla paziente, anche in dipendenza del rigetto dell’impugnazione della controparte sul punto.
  11. In conclusione, del ricorso principale è inammissibile il primo motivo, con assorbimento del secondo, mentre del ricorso incidentale è manifestamente infondato il primo motivo e va dichiarato inammissibile il secondo.
  12. La reciproca soccombenza delle parti rende di giustizia la compensazione delle spese del giudizio di legittimità; ma deve darsi atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – per entrambi i ricorsi della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
  13. Infine, ricorrendo i presupposti di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 2 (codice in materia di protezione dei dati personali), a tutela dei diritti e della dignità delle persone coinvolte ed in ragione dell’oggetto della pronuncia deve essere disposta, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’omissione delle indicazioni delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

PQM

Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso principale ed assorbito il secondo; rigetta il primo motivo di ricorso incidentale e dichiara inammissibile il secondo. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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