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Buca stradale: esclusa la responsabilità dell’ ente che prova l’evitabilità del sinistro

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Deve escludersi la responsabilità per custodia dell’Ente proprietario e/o gestore della strada per i danni seguiti ad una caduta provocata da una buca presente sul manto stradale, qualora dall’istruttoria fosse emerso che la buca fosse ampia, ben visibile e facilmente evitabile con l’adozione di un comportamento più attento.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12032/2018, sotto riportata.

Se infatti, per legge, gli Enti che hanno la custodia delle strade, quali: Stato, Regioni, Provincie, Comuni o Società (pubbliche e private) hanno l’obbligo di manutenzione delle strade anche per motivi di sicurezza pubblica, può però accadere che gli stessi vengano sollevati da responsabilità se, nel corso del giudizio volto ad accertare la responsabilità di un sinistro, forniscano la prova che l’utente avrebbe potuto evitare il sinistro in quanto la buca era ben visibile.

IL CASO: una donna danneggiata per essere caduta a causa di una buca sul manto stradale interno ad un complesso ospedaliero, conveniva in giudizio la ASL chiedendo il risarcimento dei danni subiti a causa del sinistro.

La domanda attorea veniva rigettata sia in primo grado che in appello; pertanto la donna proponeva ricorso per Cassazione, osservando, peraltro, che la Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che l’art. 2051 pone a carico del custode un obbligo superabile solo con la prova del caso fortuito; che comunque si sarebbe dovuto riconoscere a carico della ASL almeno un concorso di colpa e che la ricostruzione dei fatti sarebbe stata compiuta in maniera errata.

LA DECISIONE DELLA CORTE: la Cassazione ha rigettato il ricorso affermando che: “il ricorso tende da un lato al riesame del merito; dall’altro, non tiene presente che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che il caso fortuito idoneo a fare venire meno la responsabilità del custode può essere costituito anche dal comportamento colposo del danneggiato; il che è esattamente ciò che la Corte di merito ha riconosciuto nel caso di specie.

 

LA SENTENZA:

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29242-2016 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II n.18, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO GREZ,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO GIGANTE;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI TARANTO, P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OFANTO n.18, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

LAURENTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 441/2016 della CORTE D’APPELLO DI LECCE,

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 27/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/02/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA

CIRILLO.

Fatto
FATTI DI CAUSA

1. M.G. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Taranto, la ASL di quella città, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza di una caduta, asseritamente dovuta alla presenza di una buca esistente sul manto stradale all’interno del presidio ospedaliero di (OMISSIS).

Si costituì in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dall’attrice soccombente e la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 27 settembre 2016 ha rigettato il gravame, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce ricorre M.G. con atto affidato a due motivi.

Resiste la ASL di Taranto con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2051 e 1227 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c.; con il secondo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2051 c.c., degli artt. 112 e 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Osserva la ricorrente che la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare che l’art. 2051 cit. pone a carico del custode un obbligo superabile solo con la prova del caso fortuito; che comunque si sarebbe dovuto riconoscere a carico della ASL almeno un concorso di colpa e che la ricostruzione dei fatti sarebbe stata compiuta in maniera errata.

2. I due motivi, da trattare congiuntamente in considerazione dell’evidente connessione, sono, quando non inammissibili, comunque infondati.

La Corte d’appello, con un accertamento in fatto non suscettibile di riesame in questa sede, ha affermato che dai fotogrammi allegati era emerso che la buca in questione era di dimensioni e profondità non trascurabili, con un bordo frastagliato ed una tonalità di grigio differente rispetto a quella dell’asfalto circostante. Ha perciò concluso nel senso che, essendo l’incidente avvenuto in pieno giorno (ore 10 del mattino), la buca era pienamente visibile e che un comportamento più attento della M. avrebbe consentito di evitarne la caduta.

A fronte di simile ricostruzione, la ricorrente insiste, da un lato, nel sostenere che i fatti si sarebbero svolti in modo diverso e, dall’altro, ricorda la natura della responsabilità del custode di cui all’art. 2051 cit., sostenendo che la ASL avrebbe dovuto fornire la prova del caso fortuito. Così facendo, però, il ricorso tende da un lato al riesame del merito; dall’altro, non tiene presente che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che il caso fortuito idoneo a fare venire meno la responsabilità del custode può essere costituito anche dal comportamento colposo del danneggiato; il che è esattamente ciò che la Corte di merito ha riconosciuto nel caso di specie.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 22 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2018

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