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Infortunio ciclista a causa di buca stradale: responsabilità concorsuale del danneggiato

In aumento i casi di incidenti stradali che vedono coinvolti e gravemente danneggiati pedoni e ciclisti, a causa della crescente disattenzione alla guida. Spesso i sinistri sono provocati anche dalla non corretta conoscenza dei segnali stradali.

Un ciclista è stato ritenuto responsabile al 50% del sinistro subito a causa di una buca stradale e l’ente custode della strada dovrà pertanto risarcire il danno solo in parte.
La Corte di Cassazione, infatti, con ordinanza n. 6034 del 13 marzo 2018, ha condannato un ente comunale al risarcimento del danno nei confronti di un cittadino caduto dalla propria bicicletta a causa di una buca presente sulla strada. La colpa del Comune è però stata riconosciuta dagli Ermellini solo parzialmente, sulla scorta della considerazione che il danneggiato avrebbe dovuto tenere una condotta prudente.

IL CASO:
un ciclista riportava lesioni personali dopo essere caduto a causa della presenza sul manto stradale di una buca e citava in giudizio il Comune chiedendo il risarcimento dei danni tutti subiti.
Il Tribunale rigettava integralmente la domanda compensando tra le parti le spese processuali. Il ciclista proponeva appello e la Corte territoriale, in applicazione dell’art. 2051 c.c riteneva sussistente la responsabilità del Comune per i doveri connessi alla custodia del bene (strada) nonché del nesso causale tra le condizioni del manto stradale e la caduta del ciclista ed accertava un concorso di responsabilità pari al 50% a carico del ciclista ed il restante 50% a carico del Comune che veniva condannato al risarcimento del danno patito dal ciclista ricorrente, ponendo al 50% anche le spese del doppio grado di giudizio. Il danneggiato proponeva ricorso per Cassazione
L’ ORDINANZA:
la Cassazione ha ritenuto in parte corretta la sentenza appello che partendo dalla “sussistenza del rapporto di custodia del Comune sulla strada” ed evidenziando “il rapporto oggettivo di causa-effetto tra percorrenza della strada comunale in sella alla propria bicicletta e la caduta per la presenza di una buca”, tenuto conto anche della condotta del ciclista danneggiato, aveva previsto un concorso paritario di responsabilità tra il Comune il ciclista danneggiato ed ha pertanto rigettato il ricorso su tali punti. Ha invece accolto il ricorso relativamente all’entità del danno estetico subito dal ciclista ricorrente e per tale motivo ha cassato la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto dai giudici del merito e rinvia la causa alla Corte di appello, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Secondo la Cassazione, infatti, i giudici del merito avrebbero erroneamente ritenuto sussistente il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno patito dall’attore: il ciclista avrebbe dovuto tenere conto della pericolosità dello stato dei luoghi e che la situazione della strada fosse tale da configurare oggettivamente un pericolo per i passanti a fronte anche di un normale livello di attenzione esigibile dagli stessi.
Una buca delle dimensioni di quella che aveva provocato il sinistro non poteva considerarsi non visibile ed era ad una distanza compatibile con la possibilità di deviare la direzione di marcia per aggirare il pericolo; pertanto il ciclista non aveva prestato il livello di attenzione, di diligenza e di prudenza richiesto dalla situazione in cui si trovava al fine di superare gli ostacoli presenti sulla strada.
Affermano i giudici: “… l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima…. la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso…”.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha correttamente dato peso alla condotta del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c., tenuto conto sia delle circostanze di fatto contingenti (relative allo stato dei luoghi, all’ora e alle modalità dell’accadimento), sia del grado di attenzione richiesto al danneggiato stesso in rapporto a dette circostanze, così da giungere a ritenere la sussistenza di un concorso, paritario, di responsabilità e, dunque, l’efficacia non elidente del nesso di causa anzidetto ad opera della condotta del danneggiato.

L’ORDINANZA:
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14528-2014 proposto da:
COMUNE CAGNANO VARANO, in persona del Sindaco pro tempore e suo legale rappresentante, dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 122/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 10/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
FATTO E DIRITTO
RILEVATO CHE:
1. – (OMISSIS) convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lucera, Sezione distaccata di Rodi Garganico, il Comune di Cagnano Varano per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni riportate a causa di una caduta dalla bicicletta per omessa manutenzione stradale, verificatasi allorquando, percorrendo unitamente ad altri ciclisti la strada comunale (OMISSIS), perse l’equilibrio a causa della presenza di buche e pietrisco, cosi’ da cadere in terra e riportare lesioni personali.
Nel contraddittorio tra le parti, l’adito Tribunale, con sentenza dell’8 maggio 2008, rigetto’ la domanda del (OMISSIS), compensando integralmente tra le parti le spese processuali.
2. – Il gravame interposto da (OMISSIS) avverso tale decisione veniva parzialmente accolto dalla Corte d’Appello di Bari, che, con sentenza resa pubblica il 10 febbraio 2014, accertava un concorso di responsabilita’ del (OMISSIS) nella causazione del sinistro, pari al 50%, e condannava il Comune convenuto, responsabile del restante 50%, al risarcimento del danno patito dall’attore, liquidato (detto 50%) in complessivi Euro 28.051,00, oltre accessori e al pagamento della meta’ delle spese processuali del doppio grado.
2.1. – La Corte territoriale riteneva applicabile alla fattispecie l’articolo 2051 c.c., reputando sussistente un effettivo potere di controllo da parte dell’amministrazione convenuta sulla strada di sua “proprieta’”, in quanto la stessa era “non distante dal perimetro urbano e notoriamente frequentata da ciclisti anche per il suo carattere turistico”.
2.2. – Il giudice di appello accertava, poi, l’esistenza del nesso causale tra la “condizione anomale del manto stradale e la caduta” del (OMISSIS) dalla bicicletta (avvenuta in ora mattutina), a causa di buche presenti su detto manto (localizzate nella fascia centrale della corsia di marcia, senza segnalazione di pericolo e che gli stessi ciclisti che precedevano e affiancavano l’attore – impedendogli in parte la visuale – erano riusciti ad evitare solo “all’ultimo momento” e “per miracolo”), mentre il Comune di Cagnano Varano, dal canto suo, non aveva fornito la prova del caso fortuito, consistente “nella eccezionalita’ ed imprevedibilita’ del comportamento dell’utente della strada”, tale da risultare “causa sopravvenuta idonea da sola a provocare l’evento”.
2.3. – La Corte territoriale riteneva, altresi’, sussistente un concorso di colpa del danneggiato, nella misura del 50%, il quale “avrebbe dovuto e potuto porre maggiore attenzione nell’incedere” e procedere con “particolare prudenza ed avvedutezza”, riducendo anche la velocita’, “non potendo il medesimo fare affidamento su un perfetto stato di manutenzione del manto stradale”.
2.4. – Infine, in riferimento alla liquidazione del danno biologico (e per quanto rileva in questa sede), il giudice di appello, sulla scorta dell’espletata c.t.u. – medico – legale e dei chiarimenti resi dal consulente d’ufficio, riteneva sussistente una invalidita’ permanente complessiva del 16%, di cui 12% per il trauma cranio-encefalico, 3% per le cicatrici cutanee ed 1% per la perdita parziale di due elementi dentari.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bari ricorre il Comune di Cagnano Varano, affidando le sorti dell’impugnazione a quattro motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
CONSIDERATO CHE:
1. – Con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 24 Cost., articolo 2051 c.c., e articolo 115 c.p.c..
La Corte territoriale avrebbe mal governato il principio secondo cui la sussistenza di un effettivo potere di controllo in capo all’amministrazione competente sulle strade pubbliche deve essere oggetto di un’indagine mirata caso per caso, giacche’ l’affermazione relativa alla posizione e alle caratteristiche della strada teatro dell’evento lesivo (siccome “non distante dal perimetro urbano e notoriamente frequentata da ciclisti anche per il suo carattere turistico”) era priva di riscontro in istruttoria e non poteva essere ricondotta alla nozione giuridicamente di “fatto notorio”.
1.1. – Il motivo e’ infondato.
E’ principio di diritto consolidato – contro cui si infrange la censura di parte ricorrente, da scrutinarsi nel suo sostanziale tenore, a prescindere dalla erronea indicazione del paradigma dell’error in procedendo (Cass., S.U., n. 17931/2013) – quello per cui l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione (tra le altre, Cass. n. 21508/2011, Cass. n. 16542/2012, Cass. n. 8935/2013).
2. – Con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2051 e 2697 c.c..
La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno patito dall’attore, in quanto, non essendo questo determinato dal dinamismo interno della cosa, avrebbe dovuto tenere conto della pericolosita’ dello stato dei luoghi ove l’incidente era avvenuto, ossia che la situazione della strada fosse tale da configurare oggettivamente un pericolo intrinseco per i passanti a fronte anche di un normale livello di attenzione esigibile dagli stessi.
A tal riguardo, una buca delle dimensioni proprie di quella che aveva cagionato il sinistro non poteva considerarsi non visibile ad una distanza compatibile con la possibilita’ di attuare quello spostamento della direzione di marcia che avrebbe consentito all’attore di aggirare facilmente il pericolo; pertanto, le dinamiche nel sinistro dimostravano chiaramente che il (OMISSIS) non aveva prestato il livello di attenzione, di diligenza e di prudenza richiesto dalla situazione in cui si trovava al fine di superare gli ostacoli presenti sulla strada.
3. – Con il terzo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2056 e 1227 c.c..
La Corte territoriale, in assenza di prova, del cui assolvimento era onerato il (OMISSIS), del nesso causale tra il “comportamento del custode ed il danno” (siccome oggetto di denuncia con il motivo di impugnazione precedente), non poteva pervenire all’accertamento del concorso di colpa tra custode e danneggiato ex articolo 1227 c.c..
3.1. – I motivi, da scrutinarsi congiuntamente, sono in parte infondati e in parte inammissibili, sebbene debba correggersi parzialmente la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo, sul punto, e’ conforme a diritto (articolo 384 c.p.c., comma 4).
3.1.1. – Sulla scorta di una ricognizione degli orientamenti nel tempo consolidatisi nella giurisprudenza di questa Corte (a partire da Cass. n. 5031/1998), sono enucleabili i seguenti principi di diritto: “l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;
“la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’articolo 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacita’ di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;
“nella categoria delle cause di esclusione della responsabilita’ oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato che entri in interazione con queste si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’articolo 1227 c.c., comma 1: quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione – oggetto di dovere generale riconducibile all’articolo 2 Cost., e comunque rispondente ad un’esigenza di ragionevole regolazione della propria condotta – delle cautele da parte dello stesso danneggiato normalmente attese in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”;
“quando la causa di esclusione della responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c. sia indicata nella condotta del danneggiato puo’ prescindersi dalla necessita’, ai fini dell’esonero, di un’imprevedibilita’ ed inevitabilita’ intese nel senso di estraneita’ alla regolarita’ o adeguatezza causale, come invece rimane necessario quando si invoca un caso fortuito o un’elisione del nesso causale per altra ragione”.
3.2. – La motivazione resa dalla Corte di appello di Bari, depurata di assunti non integranti di per se’ rationes decidendi della controversia oggetto di cognizione, si conforma, nella sostanza, ai principi appena richiamati.
In essa infatti:
1) si da’ conto della sussistenza del rapporto di custodia del Comune convenuto sulla strada teatro dell’evento lesivo (con cio’ risultando superflue, a tal riguardo, le considerazioni sul comportamento, anche colposo, del custode nella manutenzione della strada);
2) si evidenzia il rapporto oggettivo di causa-effetto tra percorrenza della strada comunale da parte del (OMISSIS) in sella alla propria bicicletta e la sua caduta per la presenza di una buca sul manto stradale (con cio’ risultando superflue, a tal riguardo, le considerazioni sulla intrinseca pericolosita’ della strada);
3) si da’ peso alla condotta del danneggiato, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., tenuto conto sia delle circostanze di fatto contingenti (relative allo stato dei luoghi, all’ora e alle modalita’ dell’accadimento), sia del grado di attenzione richiesto al danneggiato stesso in rapporto a dette circostanze, cosi’ da giungere a ritenere la sussistenza di un concorso, paritario, di responsabilita’ e, dunque, l’efficacia non elidente del nesso di causa anzidetto ad opera della condotta del danneggiato.
3.3. – In siffatti termini, evincibili dalla motivazione della sentenza impugnata, quest’ultima si sottrae alle critiche in iure di parte ricorrente, la’ dove, poi, le ulteriori critiche, in quanto investenti la quaestio facti che attiene al concreto accertamento, in base alla valutazione delle risultanze probatorie, del nesso causale e del concorso colposo del danneggiato nella verificazione dell’evento lesivo, risultano inammissibili, in quanto inerenti all’esercizio del potere a tal fine riservato al giudice del merito ed insindacabile in questa sede se non nei limiti del vizio deducibile ai sensi del vigente n. dell’articolo 360 c.p.c., o della violazione del c.d. “minimo costituzionale” della motivazione (entrambi non prospettati dal ricorrente).
4. – Con il quarto mezzo e’ dedotto, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente liquidato il danno biologico sulla scorta di una invalidita’ permanente complessiva del 16% (di cui 12% per il trauma cranio-encefalico; 3% per le cicatrici cutanee; 1 per la perdita parziale di due elementi dentari), siccome ricondotta alle conclusioni del c.t.u. “anche alla luce dei chiarimenti resi in prime cure alle osservazioni mosse dal c.t. del Comune convenuto”, ma in base ad un richiamo “solo apparente”, omettendo di tenere conto che in tali chiarimenti non solo era carente qualsiasi motivazione circa la quantificazione del danno estetico, ma, soprattutto, emergeva che il c.t.u. aveva valutato gli esiti del traumatismo cranio-encefalico nel 5% e non piu’ nel 12%.
4.1. – Il motivo e’ fondato per quanto di ragione.
4.1.1. – Non lo e’, fondato, quanto alla quantificazione del danno estetico (invalidita’ permanente del 3%), giacche’ sul punto – proprio alla stregua della prospettazione della censura di parte ricorrente – e’ ravvisabile, semmai, soltanto una divergenza sul punto di invalidita’ entro un range (da 0 a 5%) su cui il c.t.u. e c.t.p. avevano concordato e, dunque, un’insufficienza motivazionale non piu’ denunciabile ai sensi del vigente articolo 360 c.p.c., n. 5.
4.1.2. – E’ fondato in riferimento alla quantificazione del danno da trauma-encefalico nella misura dell’invalidita’ permanente del 12%, poiche’ la doglianza – nella sostanza e al di la’ della formale denuncia rubricata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – va scrutinata come volta a denunciare una violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione “apparente”, risultando di stile il riferimento ai chiarimenti del c.t.u. in presenza di uno iato tra il contenuto di questi (che evidenziano una diversa valutazione del c.t.u. quanto alla anzidetta invalidita’ permanente) ed il relativo recepimento nella sentenza impugnata.
5. – Va, dunque, accolto per quanto di ragione il quarto motivo, dichiarato inammissibile il primo e rigettati il secondo ed il terzo.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto (e nei limiti delle ragioni dell’accoglimento) e la causa rinviata alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, perche’ provveda a liquidare nuovamente il danno biologico patito dal (OMISSIS) in ragione del grado di invalidita’ permanente residuato dal trauma cranio-encefalico, oltre a regolamentare le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il primo motivo e rigetta il secondo e il terzo motivo di ricorso;
accoglie il quarto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese di legittimita’.

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