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DANNO DA VACCINO – LA POSIZIONE DELLA CASSAZIONE

guardia medica

La Suprema Corte si è recentemente espressa in materia di danno provocato dalla somministrazione di vaccino oppure da emotrasfusione.

La Cassazione ha chiarito l’aspetto del nesso causale tra vaccino o trasfusione e patologia successivamente insorta.

In caso di danno derivante  da emotrasfusione o vaccinazione, il verbale della Commissione medica non ha valore di confessione, mentre il riconoscimento del diritto costituisce prova del nesso causale per presunzione.

IL CASO: la vittima di un incidente stradale veniva sottoposta ad intervento, nel corso del quale si rendeva necessaria un’emotrasfusione.

Da accertamenti eseguiti dopo l’intervento, emergeva che il paziente  aveva contratto il virus  dell’HIV.

Il danneggiato agiva in giudizio per il risarcimento del danno e la vicenda giungeva all’attenzione della Cassazione.

LA DECISIONE: la Corte a Sezioni Unite, con sentenza n. 19129/2023, ha ritenuto fondato il ricorso avanzato dal  Ministero della Salute, in particolare il motivo di censura della sentenza impugnata, nella parte in cui  ha ritenuto provato il nesso causale fra somministrazione della trasfusione e insorgenza della patologia, esclusivamente sulla base del giudizio della Commissione medica della struttura sanitaria.

Questo perché il verbale di Commissione medica non ha valore confessorio nei confronti del Ministero della Salute, ma soltanto prova presuntiva a favore del danneggiato ai fini della dimostrazione della sussistenza del nesso causale.

Secondo l’attuale orientamento della Cassazione in materia di danno da vaccino o da emotrasfusione, infatti, le Commissioni mediche che intervengono nel procedimento di indennizzo ex lege  n. 210/1992, esprimono un giudizio a livello tecnico e non certo amministrativo.

Di conseguenza, il giudizio delle Commissioni mediche non può essere vincolante per il Ministero della Salute, in quanto non operano come organo del Ministero.

Pertanto le Commissioni mediche competenti ad accertare la patologia ed a verificarne la riconducibilità all’emotrasfusione o alla vaccinazione, costituiscono semplicemente articolazioni del Ministero della Salute, cui la legge affida la competenza ad esprimere valutazioni esclusivamente tecniche.

La Suprema Corte ha ribadito che, sia il  diritto all’indennizzo di cui alla legge n. 210/1992 che il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 C.c. che l’ordinamento riconosce come concorrenti, presuppongono entrambi che la patologia sia insorta dalla  medesima attività. L’azione di risarcimento danni si differenzia da quella per l’indennizzo perché la prima richiede che l’emotrasfusione, o la produzione di emoderivati, siano state compiute senza i controlli e le cautele dovuti ai fini della tutela della salute pubblica.

Inoltre la Corte ha affermato che il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210 del 1992, fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d’ufficio la formazione del giudicato.

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