La struttura sanitaria può essere ritenuta doppiamente responsabile:
- per inadempimento degli obblighi relativi all’erogazione dei servizi sanitari, come ad esempio nel caso si responsabilità per infezioni nosocomiali
- per l’attività illecita nell’erogazione del servizio sanitario imputabile a terzi di cui la struttura si sia avvalsa
È quanto recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 24688/2020 con la quale gli Ermellini hanno precisato che, nel valutare la colpa medica, occorre prendere in considerazione anche le scelte organizzative di politica sanitaria e razionalizzazione dei servizi operate dalla struttura sanitaria di cui il medico è parte.
La struttura sanitaria deve rispondere dei pregiudizi che il medico questi ha cagionato e la sua responsabilità trova fondamento non nella “culpa in eligendo” degli ausiliari o “culpa in vigilando” circa il loro operato.
La struttura infatti si avvale dell’attività altrui per adempiere una propria obbligazione nei confronti dei pazienti; ciò comporta l’assunzione del rischio per i danni eventualmente cagionati dai sanitari ai pazienti/creditori e quindi presunzione di responsabilità.
Per vincere la presunzione di responsabilità, la struttura non basta che l’inadempimento sia addebitabile alla condotta del medico, ma è necessario che la struttura provi la diversa misura della colpa e la diversa misura della derivazione causale del danno.