Chirurgo ritenuto responsabile di omicidio per il decesso del paziente causato dall’errata inclinazione dello strumento utilizzato durante l’intervento in laparoscopia.
IL CASO: nel corso di un intervento in laparoscopia, il chirurgo commetteva un errore nell’inclinazione dello strumento, sbagliano il punto di ingresso ed esercitando una pressione eccessiva che provocava la lesione di tessuti e aorta addominale, con conseguente decesso del paziente.
Il medico veniva condannato in primo grado per omicidio; la condanna veniva confermata in appello.
Con ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato affermava che la condanna fosse dipesa da errore di gradazione della colpa.
Il medico infatti, secondo il suo difensore, sarebbe stato accusato di aver provocato la morte del paziente per colpa grave, avendo errato i giudici nel non considerare la complessità dell’intervento, reso ancora più complicato dall’obesità del paziente.
LA DECISIONE: la Corte di Cassazione nella sentenza n. 20652/2022 ha ritenuto infondati i motivi del ricorso, ritenendo corrette le motivazioni del Tribunale e della Corte di Appello in merito alla responsabilità del medico.
Il ragionamento della Suprema Corte parte dalla normativa in materia di responsabilità medica, richiamando la normativa in materia:
- il decreto Balduzzi, che ha introdotto “il parametro di valutazione dell’operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali“
- la legge Gelli-Bianco, che ha previsto “una causa di non punibilità qualora il medico agisca per imperizia ma nel rispetto delle linee guida applicabili al caso concreto” contenuta nell’art. 590 sexies c.p.
A proposito della causa di non punibilità di cui all’art. 590 sexies c.p. gli Ermellini hanno precisato che questa non è applicabile “né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.”
Poiché dalla motivazione emerge chiaramente la grave imperizia del chirurgo, che aveva errato già nella scelta della lunghezza dello strumento, sbagliando poi anche l’inclinazione di ingresso, è chiaro che il medico ha agito in modo difforme dalla buona pratica medica.
Pertanto il chirurgo è stato correttamente condannato, anche in considerazione del suo grado di specializzazione e delle difficoltà del caso specifico.