Nei giudizi aventi ad oggetto l’accertamento della responsabilità professionale sanitaria, l’onere della prova si atteggia in modo diverso andando a gravare sia sul medico che sul paziente.
Anche l’eventuale fatto ignoto, cioè quanto resti non provato in corso di causa, graverà in maniera differente sull’uno o sull’altro.
In merito a tale eventualità si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18102/2020
Gli Ermellini hanno infatti ribadito che, nei procedimenti per responsabilità medica l’onere probatorio è così ripartito:
- PAZIENTE: deve dimostrare di aver subito un danno e che tale danno è causalmente connesso alla condotta del medico.
- MEDICO: deve dimostrare di aver adempiuto correttamente la propria prestazione, ovvero che l’inadempimento è derivato da causa a lui non imputabile.
Hanno poi affermato che, qualora un fatto resti non provato (fatto ignoto), le conseguenze sfavorevoli andranno a gravare alternativamente sul paziente o sul medico ed in particolare:
- FATTO IGNOTO SFAVOREVOLE AL PAZIENTE: quando questi non abbia fornito la prova della causa dell’evento danno.
- FATTO IGNOTO SFAVOREVOLE AL MEDICO: quando il paziente abbia provato la causa del danno, ma il sanitario non abbia dimostrato che essa era imprevedibile e inevitabile.