Capita spesso che i medici specializzati si servano degli specializzandi, spesso per carenza di personale, gravandoli di responsabilità eccessive rispetto al ruolo di assistenti che normalmente dovrebbero avere.
In questo caso, il medico abilitato all’esercizio della professione me non ancora specializzato è tenuto ad osservare le leges artis ed è comunque responsabile nei confronti dei pazienti. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 10152/2021
IL CASO: un medico non ancora specializzato, svolgeva attività di anestesista e veniva condannato penalmente per aver cagionato il decesso di un paziente per non aver rilevato l’inefficienza dell’apparecchiatura anestesiologica utilizzata nel corso dell’intervento sui la vittima era stata sottoposta. Il caso giungeva in Cassazione.
LA DECISIONE: la condanna veniva confermata perché gli Ermellini hanno rilevato imprudenza e colpa sia del medico non specializzato che del primario. Il primo per aver accettato di agire autonomamente nel corso dell’intervento, l’altro per aver consentito tale attività, nonostante lo specializzando fosse sprovvisto della dovuta professionalità, avendo rilevato che per gli anestesisti necessita specializzazione di anni 7.Nel caso sottoposto al suo esame, la Suprema Corte ha rilevato che lo specializzando non aveva proceduto al preventivo controllo delle apparecchiature e non aveva rilevato la mancanza di polso e la midriasi del paziente. Il principio affermato è che il laureato in medicina, sebbene non abbia completato la specializzazione, che accetta di agire come se fosse già specializzato, deve comportarsi secondo le leges artis. In particolare, chi agisce come anestesista, pur non avendo concluso l’iter specialistico, deve osservare costantemente le funzioni vitali del paziente durante l’intervento ma, prima di tutto, deve verificare il corretto funzionamento delle apparecchiature.