Per approfondire:
Cosa si intende per responsabilità professionale sanitaria?
Il termine “malasanità” è sempre più ricorrente nella cronaca quotidiana: quasi ogni giorno, i mass-media riportano notizie relative a gravi conseguenze, spesso mortali, subite dai pazienti a causa di errori medici.
È un diritto del malato, garantito dall’ordinamento giuridico, chiedere ed ottenere il risarcimento dei danni subiti. La salute è infatti tutelata dalla Costituzione e dalla normativa specifica di settore.
L’art. 32 della Costituzione dichiara infatti “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]”
L’art. 1 della Legge Gelli-Bianco di cui si parlerà in appresso sancisce espressamente “La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività.”
La Legge n° 24 del 08 Marzo 2017 (cd. Legge Gelli-Bianco) ha profondamente innovato l’intero settore, intervenendo con una riforma organica della responsabilità sanitaria e della relativa disciplina assicurativa, prevedendo la sussistenza di responsabilità in capo a ciascun soggetto:
- il medico, quale esercente la professione sanitaria, nello svolgimento della propria prestazione risponde al paziente del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.; il medico ha il dovere di svolgere la sua professione con diligenza, prudenza e perizia;
-la struttura sanitaria ospedaliera o sociosanitaria, invece, risponde delle condotte colpose o dolose dei propri dipendenti (e non) secondo i principi della responsabilità contrattuale di cui agli artt.1218 e 1228 cod. civ.
Le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, esercitano la propria attività per il tramite di medici ed altri professionisti (quali ad esempio infermieri), professionisti legati alla struttura con rapporti di varia natura (lavoro subordinato ma anche di mera collaborazione).
La Legge Gelli – Bianco ha quindi dettato un criterio per stabilire quali siano responsabilità che la struttura e gli esercenti la professione sanitaria hanno, rispettivamente, nei confronti degli utenti - pazienti.
Come anticipato, la richiamata disciplina ha distinto in modo netto la responsabilità della struttura da quella del medico:
-quella della struttura ha natura contrattuale con termine di prescrizione decennale;
- quella degli esercenti la professione sanitaria ha natura extracontrattuale, con termine di prescrizione quinquennale.
I termini decorrono dalla data dell’evento lesivo ed anche, in alcuni casi che necessitano di approfondite verifiche, da quando se ne è avuta consapevolezza.
Sotto il profilo della responsabilità del medico, è inoltre necessario considerare le diverse ipotesi in cui lo stesso agisce: come libero professionista (in tal caso la sua responsabilità rientra nell’ambito dell’art. 1218 cod. civ.) o come dipendente di un ente ospedaliero o casa di cura privata. In quest'ultimo caso, non si configura un rapporto diretto tra il medico e il paziente, bensì tra quest’ultimo e l’ente ospedaliero; pertanto, il problema è stabilire la natura della responsabilità del medico “dipendente”.
In passato, la responsabilità del medico “dipendente” veniva qualificata come extracontrattuale e inquadrata nella disciplina dell’art. 2043 cod. civ., in concorrenza con quella dell’ente ospedaliero, qualificata invece come contrattuale.
La Legge Gelli-Bianco e la giurisprudenza formatasi nel corso del tempo, hanno chiarito tale problema, e si è consolidato l’indirizzo che inquadra la responsabilità del medico “dipendente” come responsabilità di tipo contrattuale e derivante da un vero e proprio contratto sociale, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., che si perfeziona al momento dell’accettazione del paziente in ospedale e della sua presa in carico da parte del sanitario accettante. Questo comporta che il termine di prescrizione per agire è quello più lungo di 10 anni, previsto nei confronti delle strutture.
La responsabilità del medico rientra nell’ambito della più generale responsabilità del professionista, distinguendo tra responsabilità per colpa grave e responsabilità per colpa lieve, regolamentate rispettivamente dagli art. 2236 e 1176 del vigente Codice Civile.
Responsabilità per colpa grave:
si tratta di una responsabilità, in cui il professionista è chiamato a rispondere per i danni causati a titolo di colpa grave quando il caso presenta problematiche tecniche di particolare difficoltà. Giuridicamente, per colpa grave si intende l’errore inescusabile dovuto alla mancata applicazione delle nozioni fondamentali della professione, alla mancanza di abilità e perizia tecnica, o ancora alla mancanza di prudenza e diligenza.
Responsabilità per colpa lieve:
si configura in assenza di problematiche tecniche di particolare difficoltà, richiedendo al professionista di agire con una diligenza “qualificata”, superiore a quella della comune diligenza del buon padre di famiglia.
Sotto il profilo della responsabilità del medico, è inoltre necessario considerare le diverse ipotesi in cui lo stesso agisce: come libero professionista (in tal caso la sua responsabilità rientra nell’ambito dell’art. 1218 cod. civ.) o come dipendente di un ente ospedaliero o casa di cura privata. In quest'ultimo caso, non si configura un rapporto diretto tra il medico e il paziente, bensì tra quest’ultimo e l’ente ospedaliero; pertanto, il problema è stabilire la natura della responsabilità del medico “dipendente”.
In passato, la responsabilità del medico “dipendente” veniva qualificata come extracontrattuale e inquadrata nella disciplina dell’art. 2043 codice civile, in concorrenza con quella dell’ente ospedaliero, qualificata invece come contrattuale.
Nel tempo, tuttavia, si è consolidato un diverso orientamento che inquadra la responsabilità del medico “dipendente” come responsabilità di tipo contrattuale e derivante da un vero e proprio contratto sociale, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., che si perfeziona al momento dell’accettazione del paziente in ospedale e della sua presa in carico da parte del sanitario accettante. Questo comporta che il termine di prescrizione per agire nei confronti dell’ente ospedaliero è di 10 anni, mentre per le azioni contro il medico “dipendente” è di 5 anni.