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GENITORI RISARCITI PER LA MORTE DELLA FIGLIA NEONATA

Adriatica InfortuniAdriatica Infortuni

La morte del neonato imputabile a colpa medica deve essere pienamente risarcita ai familiari, indipendentemente dalla durata della vita del bambino.

Il rapporto parentale, infatti, si deve considerate instaurato già dal concepimento. 

Pertanto la determinazione del quantum risarcitorio, che deve sempre basarsi sulle tabelle di Milano, va determinato senza decurtazione alcuna; anche se il bambino è rimasto in vita per pochi minuti.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente Odinanza n. 26826/2025.

IL CASO: una donna alla quarantunesima settimana di gravidanza giungeva in ospedale, dove veniva subito riscontrata una sofferenza fetale.

Nonostante la donna si lamentasse di non sentire i movimenti del bambino e nonostante l’insistenza della madre della donna, non vi era nessun intervento da parte dei sanitari fino al giorno successivo quando, eseguita l’ecografia, si evidenziavano segni di grave compromissione del feto. 

Solo a quel punto si procedeva al parto cesareo, ma la neonata decedeva dopo soli 30 minuti dalla nascita per grave asfissia perinatale.

I familiari della piccola agivano in giudizio nei confronti della struttura sanitaria. Il Tribunale condannava i sanitari al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale in favore sia dei genitori che dei nonni, escludendo i fratelli nati successivamente al decesso della piccola. Il quantum del risarcimento veniva liquidato secondo il minimo tabellare, considerata la brevissima durata del rapporto parentale e la giovane età dei genitori, anche in considerazione del fatto che i medesimi avevano avuto altri due figli negli anni successivi.

L’azienda ospedaliera appellava la sentenza e la Corte territoriale dimezzava il risarcimento, in considerazione del fatto che la bimba sarebbe stata estratta dal grembo materno già priva di vita, per cui il rapporto affettivo sarebbe stato solo potenziale. La decisione si basava sulla pronuncia 22859/2020 della Corte di Cassazione in relazione alla quale era stato liquidato un importo pari alla metà dei minimi delle tabelle milanesi per il caso di un feto nato morto.

I familiari della bimba ricorrevano in Cassazione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso in toto ritenendo che al caso di specie debbano essere applicati i principi ripetutamente sanciti dalla Corte.

La perdita del concepito o del neonato causata da colpa medica, va considerata a tutti gli effetti come perdita del rapporto parentale, che è tutelato dalla art. 2 Cost  e dall’art  8 CEDU e si determina indipendentemente dalla durata della vita del congiunto e si sviluppa idealmente sin dal concepimento.

Nel caso in esame, quindi, si configura la pienezza del danno, che va risarcito senza alcuna diminuzione applicando i criteri delle tabelle di Milano, che garantiscono equità e prevedibilità del risarcimento in linea coi principi costituzionali di eguaglianza. La sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello.