Incardinare due azioni civili, una per le lesioni personali ed l’altra per i danni materiali che siano conseguenza di un unico sinistro, costituisce abuso processuale.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 2278/2023 con la quale gli Ermellini hanno precisato che la duplicazione delle azioni giudiziali per i danni materiali e danni alla persona conseguenti a un sinistro stradale, rappresentano un abuso del processo se quando è stata intrapresa la prima azione i postumi erano stabilizzati
IL CASO: la vittima di un incidente stradale conveniva in giudizio l’ente proprietario della strada su cui era caduto dalla moto per via delle radici di alberi presenti sulla strada per ottenere il risarcimento del danno alla persona.
L’attore però aveva già richiesto ad altro giudice il risarcimento dei danni materiali ed ottenuto la condanna dell’ente con sentenza già passata in giudicato.
Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo illegittima la duplice richiesta risarcitoria con due azioni autonome e separate, sentenza che trovava conferma anche in grado di appello.
La conclusione è stata condivisa anche dalla Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso del motociclista danneggiato in quanto, dalla giurisprudenza in materia di risarcimento da sinistro stradale, “…si trae la logica conclusione per cui, pur non essendo totalmente precluso al danneggiato, in astratto, di agire separatamente per due diversi danni che derivano dal medesimo fatto illecito, ciò può avvenire solo in presenza dell’effettiva dimostrazione, da parte dell’attore, della sussistenza di un interesse obiettivo al frazionamento. Interesse che – è bene ribadirlo – non può consistere in una scelta soggettiva dettata da criteri di mera opportunità e neppure dalla prospettata maggiore speditezza del procedimento davanti ad uno piuttosto che ad un altro dei giudici aditi…”